Nel centro commerciale della nostra esistenza, si consumano amori, dolori, gioie, vite, eccessi e desideri, il tutto al ritmo televisivo dello sketch, velocemente, senza che le emozioni possano prendere il sopravvento su di una generazione sempre più costretta a non soffermarsi sull’ oggi, a non fare tesoro di ciò che è stato ieri e a non costruire un domani.
Dopo l'anteprima al teato Belli di Roma, nel corso della rassegna teatrale di cultura omosessuale "Garofano Verde", e la partecipazione al Festival Teatrale di Andria, è andato in scena al MAV di Ercolano, in ocasione dell' ERUZIONI FESTIVAL, lo scorso 20 settembre, “Macadamia Nut Brittle” il nuovo strepitoso lavoro di Stefano Ricci e Giovanni Forte. Si tratta di uno spettacolo dalle tinte forti, come ci hanno abituato da tempo i due registi ed autori che definire emergenti è oramai riduttivo. Lo spettacolo, che si ispira al groove letterario di Dennis Cooper, simbolico portavoce letterario del disagio giovanile, rappresenta, dopo “Troia’s Discount” e “Wonderkammer”, un ulteriore passo nel viaggio che essi compiono attraverso il mondo dei sentimenti, un mondo fatto di disperazione ma anche di totale assuefazione al dolore. Come un gelato di una nota casa danese da cui prendono i loro tre nomi, Macadamia, Nut e Brittle, vivono la loro omosessualità consumandosi tra di loro, dinnanzi alla televisione, e con loro una giovane donna condivide quel senso di vuoto che quel consumo bulimico crea nelle loro solitudini. La conoscenza, i rapporti sessuali, il momento dell’abbandono, il percorso di elaborazione dell’abbandono stesso ed il conseguente tentativo di rimozione sono rappresentati con quel verismo che solo il simbolismo ed il concettuale riescono a fare. Niente è lasciato al caso, nemmeno i momenti di dichiarata improvvisazione sono indipendenti da un progetto di analisi penetrante che scandaglia nel più profondo imo di un’esistenza che poggia sulla superficialità emblematica le sue deboli basi: la morte della propria madre si confonde con quella dei personaggi delle fiction, e così gli uomini e le donne che si incontrano trovano i loro corrispondenti estetici e comportamentali nei divi cinetelevisivi. Ci si scambia frasi affettuose su facebook ma non ci si saluta quando ci si incontra di persona, si condividono esperienze tra esseri reali allo stesso modo con cui si guarda una qualsiasi storia in televisione, si odia ciò che si è. Niente è reale, tutto è vero. Come la fredda lezione di anatomia con cui ci si spiega i modi ed i tempi per dimenticare un amore finito, e ricominciarne un altro, in un loop senza soluzione di continuità, una ricerca continua di corpi che possano affermare la nostra esistenza ma che affermano, in realtà , solo la nostra solitudine. Uno spettacolo impietoso, che riesce ad emozionare senza falsa teatralità, attraverso una vera e propria catarsi tragica il pubblico rivede sul palco se stesso, il suo quotidiano, la sua ricerca d’amore, il suo correre e ricadere, e comprende, si spera, che forse ogni tanto non sia il caso di fermarsi a vivere davvero. Una plauso speciale, va infine tributato a Andrea Pizzalis, Giuseppe Sartori , Mario Toccafondi e, soprattutto, Anna Gualdo, quattro interpreti espressivamente ed energicamente inappuntabili,che riescono in maniera eccellente ad esprimere, senza nessun compiacimento, il disagio ed il dolore messo in scena dagli autori
Teatro